Passione.Green: produrre meno ma meglio

Uno degli aspetti fondamentali per aiutare la salvaguardia dell’ambiente è prendere piena coscienza del sistema della produzione alimentare perché anche il modo in cui oggi produciamo il nostro cibo contribuirà a determinare quale sarà il futuro del nostro pianeta.

In Italia ogni anno sono allevati oltre 10 milioni di suini. Più della metà della carne suina prodotta nel mondo proviene da sistemi intensivi che utilizzano tecniche industriali per ottenere la massima quantità di prodotto al minimo costo a discapito della qualità delle carni, del benessere degli animali e degli ecosistemi del territorio nel quale l’allevamento è ubicato.

Quali decisioni possiamo prendere in veste di consumatori? Sicuramente scegliere allevatori che adottano metodi etici ed ecologici per produrre solo la quantità di carne che il pianeta è in grado di sostenere, carni buone non solo per chi le consuma ma soprattutto per l’ambiente.

Come allevatori di suini biologici pensiamo che la qualità della carne derivi soprattutto dalla qualità della vita del capo. I nostri maiali vivono in stalle con lettiere di paglia per oltre 12 mesi e sono liberi di muoversi in spazi ampi sia al coperto sia all’aria aperta, a contatto con la campagna, potendo manifestare così il loro carattere sociale e i loro comportamenti naturali, grufolando ed alimentandosi con i foraggi che seguono la stagionalità dei campi.

Abbiamo deciso di non seguire una  produzione di tipo seriale, prediligendo la lavorazione manuale ed una stagionatura molto lenta, tornando così ad abbracciare i rituali della norcineria di un tempo per ottenere salumi semi-artigianali, prodotti che si tornano ad avvicinarsi al capitale umano.

Questa filosofia slow di certo non permette di raggiungere la quantità di produzione di un allevamento industriale ma accresce la qualità e la prospettiva di vita dei nostri capi, che essendo in numero nettamente minore rispetto a quelli di un allevamento intensivo, hanno maggior spazio per muoversi ed interagire, che si cibano di erbe coltivate secondo metodo biologico prive di pesticidi o fertilizzanti chimici altamente inquinanti, e che non sono curati preventivamente con eccessive dosi di antibiotici e farmaci che attraverso il letame vengono dispersi nell’ambiente e nelle falde acquifere circostanti.

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